Qualche ora, un giorno, un mese ancora e saranno tutti liberi. Hanno finito di scontare la pena di tre anni e sei mesi (in realtà solo 6 mesi, visto che per i restanti hanno goduto dell’indulto) Pollastri, Forlani, Segatto e Pontani, gli agenti condannati per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi. Già si trattava di una pena ridicola rispetto a quello che ci immaginavamo avrebbero dovuto scontare gli agenti che hanno spezzato la vita di Federico, per strada e senza pietà, perché quella vita non tornerà mai indietro.
Ma diventa indigeribile sapere che, passati i sei mesi di sospensione, torneranno ad indossare la divisa, quella di chi dovrebbe proteggere il cittadino, e non ucciderlo: per un regolamento interno al corpo di polizia non è prevista la sospensione a vita dal servizio per condanne inferiori ai quattro anni. Per legge quindi degli assassini potranno tornare impunemente a svolgere il loro lavoro di tutori dell’ordine. Come si può accettare?
Perché mai dovremmo sentirci tutelati da uno Stato che dietro la facciata del rifiuto della violenza, in realtà protegge chi uccide i suoi figli ? La divisa non può essere una maschera sotto la quale commettere i più feroci omicidi e per questo lo Stato italiano ha il dovere di impedire a chi li ha commessi di ritornare a svolgere funzioni di ordine pubblico. Lo deve alla famiglia Aldrovandi prima di tutto, lo deve a tutti noi, che nel poliziotto vogliamo vedere qualcuno che ci difende e non qualcuno che ci ammazza. Supporteremo strenuamente la richiesta di espulsione dal corpo di polizia dei quattro agenti, da sempre rivendicata dalla famiglia e dagli amici di Federico.