L’avevano capito i medici cinesi e indiani che la utilizzavano per alleviare il dolore dei soldati feriti nelle lunghe e difficili guerre nei primi anni del Mille d.C. L’aveva capito Carlo Magno che ne incoraggiò la coltivazione. L’avevano capito gli amanuensi prima e Gutenberg poi che la usò per stampare la prima Bibbia. L’aveva capito la Regina Elisabetta d’Inghilterrache la usava per curare i sintomi dei dolori mestruali. L’aveva capito George Washington che vi scrisse sopra la Costituzione americana del 1789. L’aveva capito Levis Strauss che ne sfruttò le proprietà resistenti per farci il primo jeans della storia. L’aveva capito Henry Ford che, più di altri, aveva percepito e messo in pratica la sua versatilità produttiva e industriale costruendo una macchina intera, dal telaio al combustibile, perfettamente funzionante.
La natura ha fatto dono all’Uomo di una panacea in grado di curare i mali psico-fisici, ma soprattutto materiali dell’uomo: cibo, medicine, olio, carta, corde, plastica, legno, combustibile, mascara… queste e mille altre sono le forme che può assumere la pianta di Cannabis.
Un bene a disposizione di tutti, facile da coltivare e a tutte le latitudini del mondo, una pianta economica e versatile. Il timore di perdere miliardi di dollari di investimenti mise alle strette le nascenti corporation statunitensi del petrolchimico, del farmaceutico e della carta stampata: l’avevano capito anche loro.
Una pianta così economica e versatile doveva essere bandita, ne doveva essere impedito l’accesso.
Così inizia la storia del proibizionismo americano e globale, così ha inizio la War on Drugs.
La dura campagna controinformativa adottata dal magnate William Hearst e dalle sue riviste all’alba degli anni ’30, ha generato quei falsi miti intorno all’uso di cannabis che è oggi ancora alla base ideologica delle destre e di alcune sinistre del nostro paese. Quando il Presidente Roosevelt firmò il Marijuana Tax Act nel 1937, molti dei deputati che avevano votato a favore non sapevano neanche che stavano per dichiarare illegale non il suo fiore o la sostanza psicotropa (THC), bensì la pianta intera.
Il 1937 diventa lo spartiacque di due ere, una vera e propria spoliazione da parte dei pochi che oggi dominano le alte sfere di Wall Street compiuta ai danni dell’intera umanità.
Negli States come in Italia, le leggi sono passate senza alcun dibattito pubblico e scientifico aperto. I giochi Olimpici di Torino 2006 sono parsi al Governo Berlusconi II l’occasione ideale per inserire con decreto d’urgenza la legge Fini-Giovanardi, andando contro la volontà cittadina espressa nel referendum degli anni ’90 che depenalizzava il possesso e il consumo di marijuana. La legge carcerogena, nei suoi 8 anni di vita, non ha prodotto nessuno degli effetti che si era prefisso: in Italia più di 1 su 5 è un consumatore regolare, mentre nella legalizzata Olanda la percentuale si è fermata al 9%. Inoltre all’aumento del numero di fermi e arresti corrisponde una diminuzione delle tonnellate sequestrate in totale, ovvero si finisce dentro con pochi grammi di erba in tasca. Degli oltre 46.000 carcerati oggi in Italia, oltre il 36% sono spacciatori di piccolo taglio o consumatori, mentre i pesci grossi delle mafie navigano liberamente negli oceani che uniscono Gioia Tauro al Sud America, al Marocco o all’Afghanistan: Cosa Nostra, Camorra e ‘ndrgangheta sono i veri vincitori di questo proibizionismo con oltre 60 miliardi di narcoeuro.
Ma dal giugno 2011 è cambiato qualcosa. La Global Commission on Drug Policy, un organismo ONU composto da ex Ministri, Capi di Stato e funzionari delle più alte istituzioni politiche ed economiche, da Clinton a Kofi Annan, ha decretato che “The War on Drug has failed”. Un messaggio immediatamente colto dai movimenti americani promotori dei referendum che autorizzano i cittadini del Colorado e di Washington all’acquisto libero di marijuana a persone con più di 21 anni. Un messaggio che ha dato la forza al Presidente dell’Uruguay di approvare la legge più avanzata in termini di produzione, auto coltivazione e vendita. C’è chi lo fa da businessman, c’è chi lo fa da statista.
In Italia invece tutto tace, o meglio ha taciuto nei lunghi 8 anni di Fini-Giovanardi, una legge che è passata indenne o meglio inosservata ai Governi Prodi, Monti e l’attuale Letta, ma non all’Europa che ha sanzionato con multe salatissime il nostro paese per il sovraffollamento carcerario.
A porre rimedio non sarà la Politica, ma un potere dello Stato che troppo spesso è stato ultimamente chiamato in causa a sopperire le mancanze del Legislatore: il prossimo 11 e 12 febbraio la Corte Costituzionale dovrà esprimere un giudizio sulla legittimità della Fini-Giovanardi. In caso di condanna la Corte costringerebbe la politica ad affrontare i problemi strutturali dell’ipercarcerazione anziché tentare la fortuna con delle amnistie di sopravvivenza.
Bisogna rompere questo taboo, bisogna liberare le persone colpevoli solo di essere governati dall’ipocrisia degli incapaci.
L’8 febbraio saremo in Piazza di Bocca della Verità con gli oltre 100mila della rete ‘Legge illegale’ per gridare tutti insieme che l’era dell’ipocrisia è finita: bisogna legalizzare, non c’è alternativa.
Giusto o sbagliato, non può essere reato.